Con la memoria ai nostri cortei spontanei, colorati ma senza colore politico, in cui ci siamo trovati uno accanto all’altro senza nemmeno chiederci chi avevamo votato fino al giorno prima, commossi a volte fino quasi alle lacrime per quel senso di unione mai provato prima, ci siamo convinti che era davvero necessario andare oltre alle divisioni indotte dal sistema e continuare su quella strada.
Ma non ci accorgevamo che quella sensazione di profonda unione era data solo dalla comune esperienza distacco dal mondo che stavamo lasciando, per cui era umano sentire di essere una sola cosa.

Quando è stato naturale e necessario organizzarsi, però, abbiamo provato frustrazione nell’accorgerci che quello che pensavamo il nostro perfetto mondo era un’illusione, un microcosmo riflesso dello stesso macrocosmo da cui ci si era staccati, con tutte le contraddizioni del caso.
Ma tanto è: in una realtà olografica la divisione dell’Uno in due parti non produce due metà ma riproduce due Uno. Perché questa è la natura in questa dimensione terrena.

E così è stato per il Movimento, in cui si sono ricreati meccanismi analoghi del macrocosmo da cui pensavamo di essere tanto diversi, semplicemente perché è la natura a riequilibrarsi così.

Se ne prendessimo atto con sincero distacco, senza sentirci affranti come se fosse un fallimento personale e del movimento, e non continuassimo a cercare di perseguire un’unità utopica… se provassimo a cambiare semplicemente il modo di vedere le cose e capissimo che il punto di vista è relativo e la realtà è creata dall’osservatore… e provassimo allora a cambiare il modo di guardare al movimento come si osserva la natura, per quello che è… capiremmo che rimanere nell’idea dell’unità a tutti i costi è ciò che il sistema persegue. Quel sistema che vuole appiattire pensieri e sensazioni, che vuole appiattire la natura umana persino nell’espressione sessuale, sdoganando idee come il fluid gender e altre “amenità” che fanno presa soltanto su una carenza o una totale mancanza di radici e di identità, di individualità, di senso di sé.

Perseguire un obiettivo comune non significa dover essere un’ammucchiata informe in cui tanti individui si turano il naso davanti a diversità che per natura posso causare avversione negli uni o negli altri, pur di rimanere nella cosiddetta unità tanto sperata.

Significa piuttosto che ognuno con il proprio background, con il proprio linguaggio specifico, con le proprie modalità debba trovare all’interno di questo microcosmo le persone affini con cui esprimere quel senso. E all’occorrenza vari gruppi possono anche partecipare o addirittura organizzare insieme, facendo una sintesi delle proprie vedute, eventi e manifestazioni senza sentirsi obbligati a condividere in qualsiasi contesto modalità che non sentono corrispondenti al proprio essere e anche con il coraggio di avanzare dubbi e obiezioni. Bisogna davvero imparare a riconoscere e rispettare la diversità senza scambiarla per forza per divisione.
Come in un corpo umano in cui
non chiediamo a un rene di fare la parte del fegato: nella meravigliosa complessità, ogni organo è deputato a una funzione e quando è armonico la vita procede da sé. Così noi: ognuno focalizzi la meta e trovi da sé la strada e la compagnia migliore per raggiungerla.

🏴󠁧󠁢󠁥󠁮󠁧󠁿Athena

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